Cronaca

UCCIO DE SANTIS CONDANNATO: MA PERCHÉ NESSUN TITOLO PARLA DELLA SUA ASSOLUZIONE?

Ormai è ben noto: i fatti negativi attirano di più l’attenzione rispetto a quelli positivi. Ed il fatto di cronaca uscito in queste ore, che parla sì, della condanna ricevuta in primo grado, dal noto comico barese Uccio De Santis, ma allo stesso tempo ha ricevuto una duplice assoluzione. Ma andiamo con ordine.

Uccio De Santis, è stato condannato a un anno e due mesi di reclusione (con pena sospesa) dal Tribunale di Bari poichè avrebbe fornito “documenti falsi” e “dati e notizie non rispondenti al vero” alla Guardia di Finanza nel corso di alcuni controlli fiscali.

La vicenda risalirebbe al 2017. De Santis avrebbe creato a posteriori delle “fatture ad hoc fatte apparire come emesse da altro soggetto economico, ovvero della cooperativa ‘Idea comunicazione e spettacolo’ della quale era presidente, “allo scopo di ‘legittimare’ fiscalmente incassi e/o prestazioni artistiche retribuiti ‘in nero’ “. Per l’attore, invece, assoluzione “perchè il fatto non sussiste” dall’accusa di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.

Allo stesso tempo, De Santis è stato invece assolto da due ipotesi di dichiarazione fraudolenta “perché il fatto non sussiste”. Le accuse riguardavano la contestata evasione Irpef nel 2012 e nel 2013 per complessivi 180mila euro.

 Questi titoli, a modesto parere dello scrivente, rappresentano una forma di giornalismo senza scienza e coscienza, cosa che dovrebbe essere insita nei giornalisti.

Ma di questi principi in tanti se ne infischiano l’importante è vendere i giornali, attirare quanti più click sul proprio sito. Ed al protagonista nessuno pensa?

In questa ipotesi le strade da percorrere nella scelta del titolo erano due: o parlare della condanna o della assoluzione. E quasi tutti hanno scelto la prima.

Sembra banale, ma non lo è.

Con questi titoli (e gli addetti ai lavori sanno benissimo che la massa si sofferma solo su questo senza entrare nelle viscere dell’articolo) l’immagine pubblica che rimane più impressa del comico è la sua condanna e non la duplice assoluzione.

Cari lettori, se vogliamo, le cose possiamo cambiarle: come è vero che un libro non si giudica dalla copertina è altrettanto vero che un articolo non si deve giudicare solo dal titolo.

Cari colleghi giornalisti, anche noi abbiamo il dovere deontologico, di badare bene a cosa e come scriviamo, perché il rischio di aumentare l’ hate speech sale vertiginosamente.

Massimo Sportelli