Turi

POLIZIOTTO PENITENZIARIO DI TURI MORTO SUICIDA. ENNESIME OMBRE?

di Massimo Sportelli

Una mamma che non si dà pace. E non possiamo far altro che comprenderla. Un suicidio che presenta molte ombre, tale da spingere la Procura della Repubblica di Bari a voler fare chiarezza: si indaga per istigazione al suicidio. Ripercorriamo questa triste vicenda.
Nella notte tra il 17 ed il 18 febbraio 2021, Umberto Paulillo, 56enne, assistente capo della polizia penitenziaria si tolse la vita in auto, a Bitritto paese in cui viveva. Accanto al corpo fù trovato un biglietto dai carabinieri, che notarono la macchina ferma per strada, con il corpo accasciato sul volante, in una pozza di sangue.
Stando a quanto riferirono alcuni amici, Umberto manifestava insofferenza per il comportamento di alcuni colleghi, che lo prendevano in giro a causa del suo aspetto fisico, per il fatto che viveva insieme ai genitori e non era sposato né fidanzato.
«Ce l’hanno con me, sono vittima di bullismo» – aveva riferito un paio di giorni prima del suicidio a un amico – «pensano che sono malato, mi dicono che sono gay» e, addirittura, pensava di essere seguito. Il suo malessere, insomma, era molto pesante e a volte sfiorava le manie di persecuzione. Ma nessuno avrebbe pensato che potesse arrivare a togliersi la vita. Da una prima ricostruzione dei fatti, sembrava che Umberto, si fosse recato presso il carcere di Turi dove prestava servizio, per ritirare l’arma di ordinanza, per motivi inspiegabili considerando che in quei giorni non era a lavoro, che poi fù utilizzata per compiere il gesto estremo. Ed è proprio su quest’ultimo punto che per mamma Rosanna, continuano ad aggiungersi molti lati oscuri sulla vicenda. Durante l’intervista nel programma Libera..Mente, che andrà in onda sabato 6 novembre alle ore 15:30 su Teleregione, la mamma di Umberto ci aggiorna su un episodio alquanto singolare.
«Umberto aveva ottenuto la legge 104, per assistere mio marito 86enne colpito da demenza senile» racconta Rosanna. «Il giorno del suicidio ci recammo al Caf insieme a mio figlioper ritirare la documentazione che Umberto avrebbe dovuto consegnare al carcere per ottenere i permessi legati alla legge 104».

Aggiunge mamma Rosanna « Ritirati i documenti mio figlio mi accompagnò a casa e non appena arrivati rimanendo in auto, mi comunicò che si sarebbe allontanato per fare delle commissioni».
«Conoscendo benissimo mio figlio, sapevo che “quelle commissioni” non indicavano altro che Umberto si sarebbe recato a Turi per consegnare i documenti al carcere per ottenere i permessi della 104; considerando che Umberto era molto meticoloso e voleva subito mettere un punto a quella pratica».
Quindi, secondo mamma Rosanna, sarebbe questo il vero motivo per cui Umberto si recò il giorno del suicidio al carcere, per consegnare i documenti, non per ritirare l’arma di servizio. Ed è su questo punto che si aggiungono altri interrogativi: «Cosa è successo? Perché Umberto decide di prendersi la pistola di ordinanza? Cosa gli hanno fatto? Cosa gli hanno detto?» aggiunge mamma Rosanna in lacrime.
«La cosa particolare è che di quei documenti consegnati non c’è più traccia. E’ stato l’amore per la sua divisa ad uccidere Umberto» dichiara con un filo di voce tremante l’addolorata mamma. Basito, è questo lo stato d’animo che ho provato dal primo momento in cui appresi la notizia. Come detto, attualmente i magistrati stanno indagando su un’ipotesi di reato, ovvero Istigazione al suicidio.
Mi auguro, ed ho piena fiducia, che la Magistratura faccia subito chiarezza su questa vicenda, ma non per vendetta, ma per giustizia. Per dare un po’ di pace alla famiglia di Umberto e soprattutto per dare delle risposte chiare sulla vicenda.
Chiudo, questo articolo, con una frase pronunciata da mamma Rosanna: « Sto facendo tutto questo, affinchè possa essere d’aiuto a tutti coloro che subiscono bullismo: denunciate».